Cronaca

25 aprile: il discorso del Sindaco
Fabio Bergamaschi alla comunità

In occasione del 79° anniversario della Liberazione dell’Italia dal controllo nazifascista, il sindaco di Crema Fabio Bergamaschi ha voluto condividere il suo discorso alla comunità.

“Il 25 aprile rappresenta una delle date più importanti della Storia del Paese: l’Italia libera, l’Italia democratica, l’Italia nuova del riscatto etico, morale e sociale che derivò dalla Liberazione dal nazifascismo lo celebra come momento fondativo – esordisce il primo cittadino cremasco – Ne derivò la Costituzione repubblicana, esito della maestria di classi dirigenti tecnicamente capaci, ma soprattutto politicamente adulte, che seppero declinare in un testo durevole, ancora attuale e per certi versi eterno, quella sintesi di valori e di regole democratiche in cui potessero – e possono tutt’ora – riconoscersi in pienezza sensibilità e visioni dell’uomo anche profondamente differenti, ma saldamente unite sui fondamentali”.

Bergamaschi ha ricordato i benefici guadagnati dal popolo italiano dopo quella storica data: “Ne conseguì, poi, una lunga stagione di diritti, di libertà e di prosperità economica e sociale che ancora oggi, nonostante diverse difficoltà e l’imbocco di una strada di lento declino (cui forse è bene di tanto in tanto, riportare un pensiero pubblico consapevole) ci consente di godere di una buona rendita, nonché di mantenere in un mondo sempre più complesso e scomposto una postura nazionale generalmente apprezzata. Ne conseguì, insomma, solo del Bene da quel tributo di sangue di uomini e di donne italiane – prosegue il sindaco – sacrificatisi nella lotta partigiana al fianco degli Alleati che prende il nome e la forma della Resistenza”

Nella seconda parte del discorso, invece, spazio anche a chi mette in dubbio questa celebrazione: Ogni anno, sempre di più, il 25 aprile diventa una festa parziale. Una festa a cui manca qualcosa. Una musica in cui la nota stonata, sempre sgradevole, ma incapace di per sé di compromettere la melodia complessiva si moltiplica in un frastuono cacofonico insopportabile e – pensando alle giovani generazioni, cui dovremmo consegnare un testimone positivo, esempi di virtù e messaggi unitivi – probabilmente anche incomprensibile.”

“Mutuando dal mito nazionalista affermatosi all’esito della Prima Guerra Mondiale e che contribuì a creare il brodo di coltura dello stesso fascismo l’efficacia retorica – che purtroppo va riconosciuta alla propaganda dei regimi e dei movimenti che li accompagnano – di “vittoria mutilata”, oggi potremmo definire il 25 aprile, la Festa della Liberazione, come una “festa mutilata”. Da immancabili, spossanti polemiche; da divaricazioni; dalle ambiguità di persone democraticamente ascese ad alcune delle più alte cariche dello Stato, ma ancora prive della maturità istituzionale che imporrebbe incompatibilità tra il giuramento sulla Costituzione della Repubblica Italiana e l’incapacità di fatto di allontanare e, anzi, condannare, il passato fascista della propria appartenenza politica; dalla pericolosa, progressiva accettazione sociale del fatto che il fascismo non sia più un crimine, secondo Costituzione e ancor prima secondo buon senso, ma una semplice opinione, rispettabile al pari di ogni altra opinione, secondo un malinteso e primitivo senso democratico”.

“Abbiamo forse, all’atto pratico, tramutato un nobile processo di pacificazione nazionale ed il tentativo di creare una memoria condivisa della comunità nazionale in un processo di legittimazione del neofascismo? E’ stata un’eterogenesi dei fini o, al contrario, una deliberata strategia?”

“Rimane questo dubbio. Ed altri tormenti di opposta natura inzaccherano ormai stabilmente, da qualche tempo, l’anniversario della Liberazione d’Italia: può non porre angoscianti interrogativi, ad esempio, l’ormai consueta visione di una Brigata ebraica costretta, in questo stesso giorno di festa, a sfilare protetta da un imponente servizio d’ordine per scongiurare violenti assalti da parte di chi si professa fieramente antifascista e trova in questo atteggiamento la via migliore per dimostrarlo? Ancora, in altro modo, torniamo al concetto dell’accettazione sociale dell’increscioso che subdolamente si crea spazio tra polarizzazioni politiche e distrazioni di massa. E ancora, in altro modo, ci ritroviamo nell’anticamera del ribaltamento della Storia”.

Se guardiamo alle fotografie delle sfilate partigiane del 25 aprile del 1945 nelle nostre città italiane liberate dall’oppressione nazifascista, troviamo i volti sorridenti di persone festose, orgogliose di aver contribuito al riscatto della nazione, felici di abbracciare un nuovo corso della storia nazionale che muoveva passi decisi verso la prosperità socio-economica e, soprattutto, verso quella Libertà calpestata dal ventennio fascista e dall’atroce occupazione nazista.
Persone normali. Persone semplici. Persone di diversa estrazione sociale e vicinanza politica, accomunate dalla fede nei valori democratici di libertà e solidarietà. Donne, uomini, bambini in giubilo che portano in piazza cartelli inneggianti all’Italia Libera e un tricolore tornato fiero. Un Popolo in festa”.

“Non possiamo tradire quelle persone, i loro ideali e l’autentico spirito che deve animare ancora oggi questa ricorrenza. Adoperiamoci tutti affinché in giornate come oggi ci si possa sentire realmente, completamente, orgogliosamente ancora una volta un Popolo in Festa. Viva la Liberazione! Viva la Costituzione! Viva la Repubblica Italiana!”

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