Commozione al Sacrario di Gonars
incontro con il sindaco Galimberti
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Intenso, commovente, sentito l’ultima momento del Viaggio della Memoria è stato anche quello più toccante, nel cimitero di Gonars, in provincia di Udine, dove sono raccolti i resti degli internati morti nel campo di concentramento fascista di Gonars.
Un monumento, costruito nel 1973, per iniziativa della Repubblica Federativa di Jugoslavia, le cui cripte ospitano le spoglie di 471 persone, di queste, 410 sono state riesumate nel cimitero di Gonars, le altre a Palmanova (morti nell’ospedale), a Visco e a Padova, dove c’erano altri due campi di concentramento per internati civili jugoslavi.
Il corteo silenzioso ha attraversato il cimitero, raggiungendo il Sacrario Memoriale per gli internati del campo di concentramento 1942-1943, accolto dal vicesindaco del comune friulano, Cristina Stradolini, visibilmente commossa per la partecipazione “non abbiamo mai ricevuto così tanti studenti in una sola volta” ha detto prima di cedere la parola alla storica Alessandra Kersevan che ha avuto il compite di ripercorrere la storia.
Il monumento ha la forma di un fiore stilizzato, con gli elementi fatti in lamiera di acciaio inossidabile, all’interno della cui corona si trovano due cripte circolari con le nicchie per le piccole urne.
La dirigente del Torriani Simona Piperno ha parlato di un percorso di consapevolezza fatto insieme alle scuole e agli studenti che avrà un epilogo a inizio giugno quando ci sarà l’incontro in cui i ragazzi parleranno dell’esperienza”.
Momenti di commozione durante la lettura di alcuni brani tratti da “Golgota Gonars” (Miriam Gattuso 4A PNS Sraffa di Crema e del Giorgia Anselmi 4A LSSA Romani di Casalmaggiore), “Mattino in baracca” (Fondazione Manziana) e “Testimonianza di Maria Poje” (Sara Brunelli 4cLsa Liceo Aselli, Nicolò Cavaliere e Andreea Amaximoaiei 5E bio Liceo Anguissola).
Il sindaco Galimberti ha tenuto un discorso toccante partendo dai bambini morti nel campo di concentramento “volevo chiedervi alcune cose, la prima di ricordarvi di ricordarci i nomi dei 71 bambini con meno di un anno. E voi mi direte, ma noi questi nomi non li conosciamo. Però secondo me, se proviamo a fare 10 secondi di silenzio, questi nomi in realtà li sentiremo.
“Ora sono sicuro che questi nomi ce li porteremo dentro per la vita – ha proseguito il primo cittadino di Cremona – . La seconda cosa che vorrei chiedervi è di abituarci a guardare il mondo con gli occhi dell’altro. Ci sono quattro bandiere che sventolano là, sono di tre stati diversi, di popoli diversi. Bisogna abituarsi a guardare la storia anche con gli occhi dell‘altro, non solo con i propri occhi o con gli occhi del popolo cui si appartiene, è fondamentale. Questo vale per la storia, per la geopolitica, ma anche per la vita. Abituarsi a guardare la storia con gli occhi di chi ci sta vicino. L’altra cosa che vi chiedo è continuare a guardare alla storia con attenzione, come una cosa complessa che non ha risposte facili, bisogna guardare alla storia, conoscere e riconoscere, anche gli sbagli fatti. Noi leggiamo la storia come se fosse fatta dai leader ma non è così. I popoli a volte sono vittime, ma nella maggior parte dei casi i popoli esprimono i loro leader. Quello che è avvenuto qua non l’ha fatto solo Mussolini, l’ha fatto il popolo italiano. E noi con questa storia dobbiamo fare i conti”.
Nella seconda parte del suo intervento Galimberti ha parlato dei diritti rivolgendosi non più ai ragazzi ma soprattutto agli adulti: “Ci siamo impoveriti tantissimo. La mia domanda è, per che cosa sei disposto a dare la tua vita? Non diciamo, sono disposto a dare la vita per i miei diritti, ma per i nostri diritti, cioè per i diritti di tutti e non solo di un popolo. Apriamo la testa guardando con gli occhi anche di un altro popolo, per i diritti di tutti, perché questo è possibile. E questa è l’unica speranza, e se siamo disposti a dare la vita per i nostri diritti, allora vuol dire che siamo disposti a dare la vita per i diritti e i doveri. E sapete qual è il primo grande diritto che ci consegna la Costituzione? Proprio il dovere di dare la vita per i diritti degli altri. Questo è il primo grande diritto che questo luogo ci consegna e che la nostra Costituzione ci consegna.
“Se questo è il diritto per cui noi siamo disposti a dare la vita, allora abbiamo un futuro – conclude il sindaco – Se questo è il diritto per cui siamo disposti a dare la vita, quei 71 nomi ce li porteremo dentro e rivivranno con noi, noi daremo a loro il futuro che non hanno avuto. Questo è il diritto. Capire che abbiamo il dovere di dare la vita per i diritti degli altri”.
Il momento successivo è stata la deposizione di una corona di alloro in omaggio alle vittime Slovene e Croate e la conclusione affidata alle note dell’Ave Maria di Schubert suonate da Isaac Meinert studente dello Stradivari al violino.
Al termine della cerimonia lo scambio di doni tra le scuole, il Comune di Cremona e il vicesindaco di Gonars.
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Da Gonars, Cristina Coppola