Flotilla, racconto shock di Paolo
Romano: "Sequestrati e picchiati"
“Ci hanno sequestrati, imprigionati, picchiati”: è un racconto shock quello di Paolo Romano, consigliere regionale del Pd che ha partecipato alla missione della Global Sumud Flotilla e che insieme ad altri è finito nelle mani dei soldati israeliani. Nel tardo pomeriggio di domenica è stato ospite alla Cgil di Cremona per un incontro su pace, cooperazione e diritti nel Mediterraneo, dove ha raccontato la sua esperienza.
Un’esperienza forte, quella vissuta dal consigliere appena 29enne. “Da un lato c’è stata la straordinarietà di vedere dei popoli pretendere che il mondo non fosse quello tracciato dai loro Governi. Noi abbiamo un governo, quello italiano, che ha finanziato con le armi il genocidio a Gaza e un popolo, quello italiano, che è sceso in piazza con milioni di persone giorno dopo giorno per supportare non solo la nostra missione, ma anche la fine delle morti dei civili a Gaza. E questo è stato bellissimo”.
Dall’altro lato, “nella mia memoria resta l’orrore è del carcere israeliano” continua Romano. “Noi eravamo in acqua internazionale, dove avamo pieno diritto di stare, secondo tutte le leggi, e siamo stati abbordati e sequestrati da un governo straniero, quello israeliano.
Sono stati giorni orribili. Ci hanno picchiato, umiliato. Il soldato che mi portava a fare i controlli al porto mi usava come una scimmia: mi teneva per la collottola con le braccia dietro la schiena e imponeva di muovere la testa su e giù, come se fosse lo schienale reclinabile di una sedia a sdraio. E se non lo facevo mi picchiava con pugni in testa, mi buttava a terra.
Ci hanno privato dell’acqua potabile per giorni, facendoci bere dal bagno, in alcune celle addirittura dal wc. Ci hanno privato dei farmaci salvavita. Persone con il diabete o con attacchi epilettici hanno rischiato di morire perché non hanno potuto prendere i propri farmaci salvavita. Hanno tolto gli assorbenti alle donne. Hanno dimostrato tutta la loro disumanità, e lo hanno fatto per umiliarci. Ma il loro atteggiamento ha definito loro stessi, non noi”.
Al di là del trauma di questi giorni, tuttavia, nei ricordi di Paolo rimane “la sensazione di un’umanità che va oltre i confini. Nella mia cella c’era Jamal, un dottore del Kuwait, un chirurgo intestinale di 44 anni.
La prima notte in cella, quando loro sono entrati, in tenuta antisommossa, accendendo la luce con i fucili puntati in faccia, io sono caduto a letto, mi sono trovato questo fucile di un soldato israeliano di fronte al naso, ed ero terrorizzato. E lui se ne era accorto.
Allora mi ha invitato accanto a sè e si è messo a parlare di letteratura italiana, mi ha raccontato di come le fiabe arabe abbiano influenzato Cavalcanti, che era il maestro di Dante, e di come siano entrate nei canti della Divina Commedia. E mentre parlavamo di tutto ciò, non pensavamo dove eravamo, non avevamo paura. Ecco, io credo che l’umanità e la dignità che noi, persone diverse provenienti da ogni angolo del mondo, siamo riusciti a tenere insieme, in quelle celle, abbia sconfitto la violenza di un esercito chem per colpa di una propaganda ultranazionalista, simile a quella nazista del Novecento, oggi non riconosce più l’umanità negli esseri umani”.
Ma nonostante l’incubo vissuto, anche col senno di poi, Paolo non si tirerebbe indietro di fronte alla possibilità di partire: “Lo rifarei, e penso che sia stato solo il primo passo per tutti noi, per recuperare la nostra coscienza. Noi abbiamo raccontato al mondo, dall’Europa, dall’Italia per anni, di essere un faro di civiltà, e poi abbiamo permesso quel genocidio. Lo abbiamo finanziato, non sanzionando mai Israele. E quindi questo viaggio era per noi era un modo di riscattare un po’ la dignità del nostro un popolo”.
Non è mancato un’attacco al Governo: “Mi dispiace di una cosa: delle bugie del Governo Meloni. Perché il Governo aveva diritto di non apprezzare la nostra missione, ma non di mentire. E mentire sui bambini che muoiono di fame, come ha fatto la Premier Meloni, dicendo che gli aiuti potevano arrivare in due ore, che non c’era bisogno della flottiglia, è stato grave.
Perché se potevano arrivare in due ore, perché Giorgia Meloni ha permesso a migliaia di bambinini di morire di fame per due anni? Se potevano arrivare in due ore, perché ancora ora Giorgia Meloni non riesce a fare entrare gli aiuti raccolti da Music for Peace da due mesi in territorio israeliano? Ecco, allora si possono avere opinioni diverse, ma non si può mentire al proprio popolo, questo è grave”.
Grande la soddisfazione del sindacato che ha ospitato l’incontro. “La Cigl non è stata ferma, non è stata indifferente ai problemi del popolo palestinese” sottolinea Elena Curci, segretaria generale Cgil Cremona, che ha voluto ringraziare “l’aiuto umanitario portato dalla Flotilla”, che “ha riacceso quegli animi che probabilmente qualcuno pensava fossero indifferenti, ma che invece così non erano, perché tantissimi giovani e giovanissimi hanno voluto dimostrare vicinanza al popolo palestinese e a Gaza. La pace tra i popoli è il bene supremo dell’umanità, e per questo continueremo con le nostre mobilitazioni. Il 25 ottobre saremo di nuovo in piazza a Roma, per portare avanti quei valori fondamentali che sono pace, democrazia e lavoro” conclude la segretaria.
Laura Bosio