Cronaca

Il vescovo Gianotti: “La Pasqua
aiuti i cristiani a ritrovare Gesù”

Il vescovo di Crema Daniele Gianotti negli studi di CR1

In occasione della Santa Pasqua, il vescovo di Crema Daniele Gianotti è stato intervistato dal direttore di CR1 e CremaOggi, Simone Arrighi. Tanti i temi toccati, tra progetti futuri e obiettivi attuali della Diocesi di Crema, con tante speranze per i fedeli.

Il vescovo Gianotti insieme al direttore Arrighi

Che Pasqua è per la diocesi di Crema?
“Naturalmente la prima cosa da dire è che si tratta della Pasqua dell’anno giubilare, quindi la Pasqua nella quale andare alla radice del messaggio del Giubileo, che è quello appunto della speranza che non delude. Per noi cristiani la speranza che non delude non è un’idea, non è una cosa: è Gesù Cristo, morto e risorto. Quindi, se c’è un luogo in cui rinnovare questa speranza, è proprio la celebrazione della Pasqua”.

Celebrazione della Pasqua nell’anno giubilare, un anno che comunque sta mettendo a dura prova anche il nostro pianeta. Come si pone la Chiesa di fronte a queste emergenze?
“La Chiesa continua ad annunciare Gesù Cristo. Forse viene da dire questo: la speranza cristiana non è automaticamente la sicurezza che tutto vada bene nel mondo. Anzi, la speranza cristiana per certi versi risplende proprio lì dove le cose non vanno bene. Mi viene in mente quel grande, secondo me, romanzo distopico “La strada” di Cormac McCarthy, che descrive un mondo sfasciato, uscito da non si capisce quale cataclisma, con situazioni orrende. Un padre e un figlio camminano, un po’, io almeno lo leggo così, come segno di una speranza che non vuole morire. Ecco, anche di fronte alle indubbie difficoltà del tempo presente, annunciare la speranza vuol dire annunciare le condizioni per cui non viene meno l’impegno di costruire qualcosa di buono, anche sapendo che non sempre il contesto è favorevole. Operare per la speranza significa proprio questo: impegnarsi anche quando il contesto non è incoraggiante”.

Ha parlato di costruzione. In questo caso oserei dire anche di costruzione di un senso di comunità, ad esempio con le iniziative che hanno portato i pellegrini della diocesi di Crema a vivere l’esperienza del viaggio giubilare.
“Sì, abbiamo vissuto il pellegrinaggio giubilare diocesano a Roma con una partecipazione che per la nostra piccola Diocesi è stata significativa. Un gruppo di pellegrini di cui, grazie a Dio, ho fatto parte anch’io, ha percorso a piedi circa 25-28 km da Castel Gandolfo a Roma, proprio per valorizzare questa dimensione del pellegrinare a piedi. Poi ci siamo ricongiunti con gli altri venuti in pullman o con altri mezzi e abbiamo vissuto, sabato e domenica 29-30 marzo, questo pellegrinaggio, passando per la Porta Santa della Basilica Vaticana, celebrando in Santa Maria Maggiore, in San Paolo, visitando altri luoghi. È stata una bella esperienza comunitaria di cammino di fede, rinnovamento della speranza, apertura alla misericordia e alla grazia di Dio. Un’esperienza che porteremo in Diocesi e che credo abbia segnato profondamente chi vi ha partecipato”.

Le chiedo quali sono stati, Sua Eccellenza, i riscontri da parte dei pellegrini. Ci sono stati racconti di speranza?
“Sinceramente non posso dire molto perché, appena terminato il giubileo domenica 30 marzo, sono dovuto rimanere a Roma per gli impegni successivi dell’assemblea sinodale, quindi non ho potuto fare il viaggio di ritorno con i pellegrini né raccogliere molte esperienze. Tornato in Diocesi, si sono accavallati vari impegni verso la Pasqua. Però ho avuto l’impressione di un clima davvero positivo, sereno, di grande familiarità. Gente che ha vissuto bene questa esperienza. Questo mi ha spinto a incoraggiare le persone a vivere esperienze di pellegrinaggio giubilare anche in Diocesi. Abbiamo designato alcune chiese e santuari di campagna con l’auspicio che ci si possa andare anche a piedi, per vivere la dimensione fisica del pellegrinaggio che, come ricorda Papa Francesco nella bolla del Giubileo, è un segno della vita che cammina, in mezzo a gioie e fatiche, verso una meta: la pienezza della vita in Gesù Cristo”.

Sua Eccellenza, ha citato anche il pontefice. Le chiedo: cosa ci insegna la vicenda di Papa Francesco in questi mesi?
“La vicenda di Papa Francesco, come quella, a suo tempo, di San Giovanni Paolo II e di altri papi, è la testimonianza di chi vive la malattia e la sofferenza condividendo la condizione di tanti uomini e donne del mondo. L’hanno vissuta con pace, fiducia, lasciandosi curare, ma anche tenendo viva quella fiducia e quella speranza che non deve venir meno. Credo sia un incoraggiamento per tanti malati: sia quelli che possono guarire, sia quelli che convivono con malattie da cui non si guarisce. Possono essere sostenuti dalla speranza e dalla vicinanza di chi si prende cura. Visitando gli ammalati nelle visite pastorali, ho ricevuto esempi profondi di fiducia, speranza, pazienza, e di persone che si sacrificano per curare altri. Mi hanno molto edificato”.

Recentemente è stato presentato un report della Caritas sulle nuove povertà, sia a Crema che a Cremona. Com’è la situazione nella diocesi di Crema? Ci sono nuovi bisogni?
“Direi che la situazione più impegnativa rimane la questione abitativa, come già dicevamo in occasione del Natale. È una delle problematiche più importanti da affrontare. Registriamo anche fatiche legate alla salute psichica, in forme gravi o patologiche, ma anche tra i giovani e gli adolescenti. L’impegno della Diocesi è quello di essere vicina a chi vive queste difficoltà, insieme ad altre realtà. Tornando al tema dell’abitare, stiamo portando avanti un progetto diocesano proprio in questo anno giubilare”.

In Quaresima lanciate sempre proposte per sensibilizzare la comunità cristiana cremasca. Su cosa vi siete concentrati quest’anno?
“Il progetto principale è stato quello dell’abitare, con la costituzione di un fondo di garanzia a sostegno delle iniziative per aiutare persone e famiglie a trovare situazioni abitative dignitose e stabili. Purtroppo si è aggiunto anche il grave terremoto che ha colpito il Myanmar, già devastato da anni di guerra civile. La diocesi di Crema ha un legame particolare con quel paese per via del beato Alfredo Cremonesi, missionario cremasco martirizzato nel 1953 e beatificato nel 2019. Per questo abbiamo lanciato una raccolta fondi con Caritas, Ufficio Missionario e il PIME, per aiutare le popolazioni colpite”.

Parliamo anche di trasformazioni. Come procedono quelle delle parrocchie in unità pastorali?
“Procedono con ritmi diversi, dovuti a ragioni oggettive. Ma nell’insieme sono abbastanza contento: vedo un impegno delle parrocchie, delle persone, a collaborare per il rinnovamento della vita comunitaria. Non è solo una risposta alla diminuzione dei preti, ma una presa di coscienza che la comunità è responsabilità di tutti. Il laicato è coinvolto e, per certi versi, cresce. Ci sono ancora cose da sistemare. In particolare, abbiamo l’annunciata partenza dei frati cappuccini dal convento dei Sabbioni, dopo 500 anni. Questo richiederà una nuova organizzazione per quella parrocchia e per quella di Ombriano. Un cammino già avviato che dovrà proseguire quando i frati lasceranno definitivamente nell’estate 2026”.

Sua Eccellenza, un’ultima domanda, come da tradizione: che augurio rivolge ai fedeli di Crema per questa Pasqua?
“Torniamo al Giubileo della Speranza. L’augurio è che la Pasqua aiuti tutti i cristiani a ritrovare in Gesù morto e risorto, incontrato nelle celebrazioni, le ragioni di una speranza solida, che non viene meno. Quest’anno, tra l’altro, tutti i cristiani, protestanti, ortodossi e cattolici, celebrano insieme la Pasqua. Anche a Crema, le comunità greco-cattoliche e ortodosse la celebrano oggi. È bello che ci sia questa unità. Infine, auguro ai cristiani e alle nostre comunità di diventare “contagiosi”, nel senso positivo: che la speranza si trasmetta a tutti e che, anche in un mondo segnato da fatiche, aiuti a rimettersi in cammino e a crescere. Buona e santa Pasqua a tutti”.

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