Cronaca

Cr.Forma al carcere di Bollate
per lo spettacolo dei detenuti

Lo spettacolo nel carcere di Bollate

170 studenti e studentesse di Cr.Forma con 30 docenti al carcere di Bollate per il progetto Prison Art, promosso dall’Associazione culturale Compagnia Teatrale Art 27/Figli di Esta. Un’iniziativa potente dal punto di vista formativo e umano, fortemente voluta dalla direzione della sede di Crema della scuola per sensibilizzare i ragazzi e le ragazze al tema della giustizia e del riscatto anche attraverso linguaggi artistici.

Il progetto è articolato in due fasi. La prima, già realizzata in questi giorni, è consistita nella trasferta degli studenti e delle studentesse di Cr.Forma, suddivisi in due gruppi, al carcere di Bollate per la visione dello spettacolo “E tu, che lavoro sei?”, messo in scena dalla Compagnia Figli di Esta al teatro interno della Casa circondariale sul tema della professione come definizione dell’identità. Sul palco e dietro le quinte, nello staff tecnico, persone detenute che, grazie al coordinamento della regista Lorenza Cervara, sono state protagoniste di una drammaturgia collettiva che ha toccato argomenti come la sicurezza sul lavoro, il lavoro nero, il valore del lavoro, il lavoro in carcere. La prima rappresentazione teatrale è avvenuta sabato 29 novembre per le classi terze di Acconciatura, Elettrico, Termoidraulica e Ristorazione, la seconda il 6 dicembre per gli alunni e le alunne del quarto anno di tutti i settori.

La seconda tappa del progetto, in programma nel 2026, prevede la visita presso la scuola di una rappresentanza dei detenuti-attori della compagnia teatrale che da diversi anni si occupa di laboratori e spettacoli teatrali presso il Teatro interno della Casa di Reclusione di Milano Bollate, aperti anche alla cittadinanza. Un dialogo e un confronto tra le persone detenute e i ragazzi e le ragazze di Cr.Forma per condividere testimonianze dirette di scelte di vita sbagliate, spesso fatte in giovane età, dell’importanza dell’arte nei percorsi di recupero sociale, della centralità della cultura e dell’istruzione.

“Per noi – il commento di Christian Flore, responsabile artistico Prison Art – è importante diffondere all’esterno ciò che facciamo all’interno per “abbattere” quel muro e cercare di rendere il carcere più trasparente. Lo facciamo attraverso il linguaggio teatrale e coinvolgendo le nuove generazioni per diffondere al meglio il nostro messaggio: anche nel carcere c’è qualcosa di buono. Alle scuole offriamo un confronto tra il nostro passato, il nostro presente e il futuro rappresentato dai giovani”.

“Con questo spettacolo sulla situazione del lavoro oggi in Italia – le parole di Lorenza Cervara – riportiamo il carcere nella società e la società nel carcere, coltivando relazioni sane all’interno e all’esterno che non riducono le persone a ciò che hanno commesso”.

“Il tema del lavoro trattato nello spettacolo – ha aggiunto Stefano Pozzato, presidente di Prison Art – è fondamentale per una scuola professionale e l’impatto del teatro sono sicuro che è stato fortissimo per i ragazzi e le ragazze”.

”Partecipare a uno spettacolo che affronta i temi del lavoro, della sicurezza e della legalità – il commento di Chiara Capetti, direttrice della sede di Crema – è di fondamentale importanza per tutti, ma diventa ancora più cruciale per i ragazzi che già vivono l’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro. Comprendere fin da giovanissimi i meccanismi del mondo professionale è essenziale per prepararli al futuro. Realizzare questa esperienza all’interno del carcere ha aggiunto un valore significativo, rendendo il messaggio ancora più potente e tangibile. È stata un’esperienza unica, intensa ed emozionante. Bellissimo il momento di condivisione insieme tutti sul palco post spettacolo. I ragazzi e le ragazze sono stati entusiasti. Ora aspettiamo Prison Art a scuola”.

Un’altra occasione di contatto tra due mondi, molto distanti, come quello della scuola e del carcere, mediato dal linguaggio teatrale, per un’esperienza sulla visione umana e universale della giustizia e della società.

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