Politica

Gaza, Teresa Caso: "L'Italia
da che parte sta?"

Teresa Caso

Il Consiglio comunale del 29 settembre si è aperto, come di consueto, con le comunicazioni. Una di queste, della consigliera di maggioranza, Teresa Caso, offre un riflessione su quello che sta succedendo a Gaza e chiede al  governo italiano di assumersi la sua responsabilità, scegliendo chiaramente da che parte stare.

L’operazione di distruzione di Gaza City prosegue senza soste, con ulteriori enormi costi umani che si aggiungono ai 60/70mila che sono morti sotto le bombe israeliane o per fame. A fronte di tutto questo, è legittimo chiedersi se l’Italia possa ritenersi assolta da ogni responsabilità. Nell’ultimo rapporto d’inchiesta, la Commissione delle Nazioni Unite ha concluso che Israele è responsabile di genocidio. E il direttore della Commissione ha ricordato che: “Quando emergono chiari segni e prove di genocidio, l’assenza di azioni per fermarlo equivale a complicità. Tutti gli Stati hanno l’obbligo giuridico di utilizzare tutti i mezzi ragionevolmente a loro disposizione per fermare il genocidio a Gaza”.

E l’Italia? La legge 185/1990 vieta l’esportazione di materiale bellico verso Paesi in guerra o che violano i diritti umani. Dopo il 7 ottobre 2023 sono state giustamente bloccate nuove autorizzazioni all’esportazione di armi. Eppure, nonostante il blocco, i dati ISTAT sul commercio estero documentano che nel 2024 e nei primi mesi del 2025 le esportazioni verso Israele di tecnologie militari (droni, radar e altri componenti ad uso bellico) sono continuate in ragione delle autorizzazioni rilasciate prima, per le quali il governo effettuerebbe una “valutazione caso per caso”.
Nell’ultimo trimestre del 2023 sono state spedite armi per oltre di 2 milioni di euro, 5.8 milioni di euro nel 2024. Ma non finisce qui. Dal 7 ottobre 2023 l’Italia è diventato tra i principali esportatori verso Israele di materiali “dual use”, vale a dire a “duplice uso”, che possono cioè avere un uso sia civile che militare. E’ il caso, per esempio, del nitrato di ammonio e dei cordoni detonanti.

Tra novembre 2023 e marzo 2025, secondo un’inchiesta pubblicata da Altraeconomia, l’Italia avrebbe esportato in Israele quasi 6mila tonnellate di nitrato di ammonio, una quantità non giustificabile dal solo uso civile (vale a dire come fertilizzante). E il nitrato d’ammonio è un componente fondamentale delle miscele di esplosivi, dello stesso tipo usato dall’esercito israeliano per demolire scuole, ospedali, case, interi quartieri.
I cordoni detonanti sono una componente chiave per innescare esplosivi. Con una stima 140 tonnellate, le forniture italiane hanno addirittura rimpiazzato quelle sospese nel frattempo da altri Paesi quali la Spagna e la Turchia.
L’ONU deve portare avanti il riconoscimento dello Stato palestinese a lungo rinviato perché la creazione di uno Stato palestinese, piuttosto che premiare Hamas, servirebbe a garantire l’impegno della comunità internazionale per un cessate il fuoco stabile e duraturo.

Il governo italiano deve uscire dall’ambiguità e dire chiaramente da che parte sta. Non possono esserci i “se” e i “ma” di fronte al disprezzo del Diritto Umanitario Internazionale che si sta consumando a Gaza e quali valori occidentali difendono di fronte a un Governo – quello israeliano – che agisce nel completo disprezzo del diritto internazionale.

E concludo esprimendo solidarietà alla Global Sumud Flotilla che ha deciso di non cambiare rotta dopo gli attacchi subiti in acque internazionali perché portare gli aiuti è importante, ma l’obiettivo è l’apertura di un canale umanitario permanente con la fine del blocco navale, imposto illegalmente da Israele dal 2009 e non da oggi. E capisco le ragioni di non cambiare rotta perché significherebbe – come ha spiegato Maria Elena Delia la referente per l’Italia della Flotilla – ammettere che un Governo può continuare ad agire nell’illegalità, indisturbato, senza che nessuno possa (o voglia) far nulla”.

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