Campane dal cuore cremasco:
Fonderia Allanconi "suona" nel mondo

Terra e creta, lino, rame e cera d’api, per un prodotto che da anni porta il nome della provincia di Cremona in giro per il mondo.
Il saper fare artigiano grande protagonista a Bolzone, frazione di Ripalta Cremasca, dove da alcuni decenni è in funzione la “Fonderia Allanconi”, unica produttrice di campane in Lombardia e tra le pochissime sul territorio nazionale.
A guidare l’azienda, con la sua piccola grande squadra di operai, è Emanuele Allanconi, nipote del fondatore. Una storia, la loro, che parte da lontano.

“Siamo un’attività a livello familiare – commenta Emanuele – quindi abbiamo un passato: se oggi sono qui a far campane, è perché ci sono state generazioni prima di me che hanno portato avanti quest’arte fino ai giorni d’oggi”.

“La nostra storia familiare inizia con mio nonno Angelo Allanconi – spiega il titolare – che era capo operaio presso la fonderia Crespi a Crema. In seguito ad alcuni avvenimenti, ha ereditato questa attività, insegnando il lavoro ai miei zii, e in seguito, a me, facendo in modo che continuasse questa tradizione presente a Crema da tantissimo tempo”.

Nonostante si possa pensare ad un settore estremamente di nicchia e principalmente legato al mondo religioso, quello delle campane è un mercato che regala sorprese.
Nella bottega, con pazienza e sudore, Emanuele e i suoi producono ogni anno tra le 200 e i 300 campane, veri e propri pezzi unici con clienti che arrivano da tutte le parti del mondo: dal Giappone all’Argentina, dal Canada all’Australia, passando (per esempio) anche per l’Isola di Pasqua, nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico.
Tra questi, alcuni hanno un particolare affettivo e simbolico.

“Una di queste – racconta Emanuele – è una campanella non troppo grande che abbiamo fatto per degli italiani che sono emigrati in Australia; fanno parte degli Alpini.
Uno di questi ragazzi purtroppo è morto di leucemia, e il gruppo ha voluto costruire una piccola cappella in suo ricordo, chiedendoci, di realizzare la campana. Quando l’abbiamo fatta e l’abbiamo mandata in Australia, hanno pensato che fosse troppo bella per finire subito direttamente sul campanile, volevano farla vedere: l’hanno usata come ‘testimonial’ e fatta girare per l’Australia per raccogliere fondi contro la leucemia. Queste sono alla fine le storie belle, quelle che ci respirano, quelle che ci piace comunque ricordare e raccontare”.

Non solo: tra i vari pezzi realizzati ci sono anche dei caryon, strumenti musicali in cui piccole campanelle vengono suonate con una pedaliera.
Non mancano poi richieste a loro modo “anomale“.
“Riceviamo proposte molto particolari – ci confida Emanuele -. Una tra tutte quella di un ‘archistar’ indiano: ci ha commissionato un’opera d’arte per un’esposizione della Fondazione Cartier di Parigi, partendo dal concetto del ‘suono’ di un buco nero. Partendo dalle registrazioni della Nasa che fanno questo tipo di simulazioni, abbiamo rilevato le varie frequenze e creato questo oggetto stranissimo a forma di fungo che andava a suonare come una stella“.

Alla base di questo mestiere la voglia di creare, prendendo spunto dalle tradizioni e dal passato tramandato di padre in figlio ma con lo sguardo costantemente rivolto verso il nuovo.
“A me quello che piace – conferma Emanuele – è il partire da un’idea di suono, con le conoscenze tramandate e attraverso materiali semplicissimi delle nostre terre (la cera, la canapa, la creta) si va a creare quello che è uno strumento musicale, un oggetto d’arte sacra e un mezzo di comunicazione. Il partire dal nulla e arrivare a qualcosa di finito per me da tantissima soddisfazione”.
“Il vecchio e il nuovo – prosegue – si possono sposare insieme solo grazie al sapere dell’uomo: tutto nasce dalle mani delle persone, da quello che sanno fare e da ciò che gli è stato insegnato; perché se noi siamo a questo punto significa che qualcuno prima di noi ha passato un messaggio e un sapere che noi proviamo a portare avanti”.
Andrea Colla