Cronaca

Filippo Ruffoni: fino a 6.476 metri
sempre più in alto

Rientrato a casa da qualche giorno è soddisfatto dell’impresa (e come non esserlo!) Filippo Maria Ruffoni, alpinista montodinese che ormai continua la sua scalata verso le vette più alte del mondo. Questa volta si è superato, raggiungendo i 6476 metri del Mera Peak in Nepal, uno dei migliori punti panoramici dell’Himalaya, dove ha portato anche i gagliardetti della sezione di Crema del CAI e del Panathlon Club Crema di cui è socio, e che nei mesi scorsi l’aveva ospitato in una conviviale nella quale aveva raccontato della sua passione di uomo di pianura, per la montagna e l’alta quota.

“Alza gli occhi, serra il passo e lasciati trasportare dal vento”, ha utilizzato questa espressione nei giorni scorsi sui suoi social per celebrare il momento, con la sua foto scattata pochi istanti dopo l’arrivo in cima, con lo sguardo sullo spettacolo dei colori dell’alba himalaiana: “Sono contentissimo, me l’aspettavo così com’è stata, grandi camminate, ampi spazi, vento da valle verso la cima, panorama mozzafiato, alba impressionante, perché i colori a quelle altezze fanno impressione veramente”. Filippo descrive la sua impresa così, e a sentirlo sembrerebbe quasi semplice, ma la realtà è ben diversa, fatta di preparazione, costanza, impegno, fatica, dedizione e tanta passione. Perché di passione ne serve tanta, considerati i tempi della spedizione nepalese: partito con i compagni di viaggio del Team Elbrus della Federazione alpinistica russa (5 componenti dei quali Maria Sukhanova, detentrice del record di salita del Denali in Alaska), per raggiungere da Lukla l’ultimo campo base situato a 5800 metri, da dove iniziare gradualmente l’ascesa, ha impiegato dieci giorni di cammino. In mezzo, i campi base, prima a 4900 e poi a 5400 metri, condizioni meteo caratterizzate anche da giornate di neve, ed escursioni termine importanti tra giorno e notte. Per l’ultimo step, l’ascesa vera e propria, Filippo è partito all’una e mezza di notte dai 5800 metri, per raggiungere la vetta alle 7 del mattino. Poi una mezz’oretta in cima, e la discesa ai 4900 metri, in circa 4 ore: “Qui ci siamo riposati e poi altri 4 giorni di cammino per rientrare al punto di partenza di Lukla”, racconta l’alpinista montodinese. In totale, tra andata e ritorno circa 160 km percorsi a piedi, oltre alla fatica della salita in vetta.

In media 6-8 ore di cammino al giorno per 9 giorni, per una ventina di Km al giorno, con dislivelli importanti: “Tecnicamente non è tanto impegnativa come ascesa, certo bisogna saper camminare con i ramponi – dice Ruffoni – e solo verso l’ultimo tratto di cresta ci sono per precauzione le corde fisse, per via di alcuni crepacci, ma tecnicamente il Mera Peak non è come scalare il Cervino o il Monte Bianco, è più paragonabile al nostro Cevedale”. Ma il Mera Peak è la vetta più alta finora raggiunta dall’alpinista cremasco, che a gennaio aveva superato i 5mila metri con la Cima Margherita della catena montuosa del Ruwenzori in Uganda, e che si è allenato anche durante le festività pasquali. “Il Mera Peak è completamente diverso rispetto a quanto fatto fino a questo momento – continua Ruffoni – a partire dall’itinerario per raggiungere i campi base, situati tutti ad altezze superiori a quelle delle principali vette alpine, infatti si abbandona quella zona comfort per andare su terreni inesplorati. Ed anche per il passo da tenere c’è differenza – aggiunge Ruffoni – perché non puoi pensare di mantenere le stesse velocità, ci vuole il giusto rapporto tra passo, battiti cardiaci e forza su itinerari così lunghi, perché fatichi anche per scendere”.

Quanto al meteo, oltre a qualche giornata di neve, Ruffoni racconta di un cielo un po’ nuvoloso, anche se in quota, “quando spunta il sole, ci si scalda tanto, l’aria è secchissima e anche se piove e tutto asciutto dopo poco”. Tuttavia questa situazione ha mitigato le temperature minime, perché “se c’è tanto sole di giorno, poi la notte fa molto freddo, invece il cielo nuvoloso fa da cuscinetto, ed in effetti in cima la temperatura è stata di –18, lontana dai -35 patiti in Russia, su altre montagne”.

Non è tempo di vacanza però per Filippo Ruffoni, che a giugno riprende gli allenamenti con le Guide di Courmayer per preparare le prossime avventure: “Staremo a vedere come si sviluppa il meteo, mi piacerebbe fare dei concatenamenti importanti sulle Alpi e magari prima del 2026, provare nuovamente un’altra vetta in Asia oltre i 6mila, perché dal Mera Peak fisicamente ho avuto buone sensazioni per la reazione all’alta quota”.
160 chilometri percorsi a piedi, panorama mozzafiato quasi sul tetto del mondo, ma ci sarà qualcosa che è mancato nelle due settimane nepalesi? “In realtà, nulla, forse la frutta e la verdura, per il resto per come si sta sviluppando anche il turismo in montagna in Nepal, non posso lamentarmi, sono contento per com’è andata”.

Ilario Grazioso

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