Chiusura di un difetto del setto
interatriale, 1° intervento a Crema
L’intervento eseguito dall’equipe di cardiologia, grazie alla collaborazione di neurologi ed anestesisti su una donna over 60 affetta da sindrome platipnea-ortodeossia
“Grazie alla collaborazione con i colleghi neurologi diretti da Luigi Caputi e con i colleghi anestesisti diretti da Guido Merli, di recente a Crema abbiamo realizzato per la prima volta un intervento di chiusura di un difetto del setto interatriale”. Come spiega il direttore dell’unità operativa di cardiologia Michele Cacucci “i difetti del setto interatriale rappresentano una vasta gamma di cardiopatie congenite che comportano un anomalo passaggio di sangue dalla parte sinistra alla parte destra del cuore o viceversa. Se è vero che in molti pazienti questi difetti non determinano significative conseguenze, tuttavia in alcuni soggetti possono portare a problematiche anche gravi come l’ictus, ischemie sistemiche, cardiache o la dispnea con insufficienza respiratoria e, nei casi più avanzati, lo scompenso cardiaco”. Possono essere trattati “ con intervento cardiochirurgico tradizionale (riservato solitamente ai casi con difetti complessi dal punto di vista anatomico) oppure percutaneo, cioè con l’utilizzo di cateteri introdotti attraverso la vena femorale (che si trova nell’inguine) tramite cui viene posizionata una protesi che chiude efficacemente il difetto (spesso chiamato nel linguaggio comune ombrellino per la sua caratteristica conformazione). Questa procedura è caratterizzata da un basso rischio operatorio e di trattare anche pazienti ad alto rischio di complicanze”.
In particolare “il caso che abbiamo trattato riguardava una paziente con una condi-zione particolare in cui il difetto del setto (in questo caso un forame ovale pervio) creava un anomalo passaggio di sangue dalla parte destra a quella sinistra del cuore che si accentuava quando la paziente si portava alla posizione seduta o in piedi, condizione nota come platipnea-ortodeossia. Dopo aver eseguito numerosi accertamenti, abbiamo eseguito la chiusura del difetto con una protesi su misura”. La procedura è stata efficace e il decorso privo di complicanze. La paziente, una donna over 60, sta bene ed è tornata alla vita di tutti i giorni.
“Con questa procedura – continua Cacucci – completiamo l’offerta del nostro oste-dale relativa agli interventi cardiologici che non richiedono la presenza della cardiochirurgia con un expertise che va dall’emodinamica all’elettrofisiologia”. L’obiettivo futuro è quello di far eseguire al dottor Marcello Marino, che si sta opportunamente formando attraverso un master di alto livello in cardiologia interventistica strutturale, le operazioni che richiedono la presenza della cardiochirurgia all’interno della struttura ospedaliera individuata, sulla base di specifiche convenzioni. Questo consentirà di seguire il paziente dalla diagnosi fino alla terapia e di proseguire poi con il follow up ambulatoriale”.