La celebrazione della Giornata dell’Unità
nazionale e delle Forze Armate a Crema
Si è tenuta oggi a Crema la celebrazione della Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate. La cerimonia ha preso il via alle 9:30 nel piazzale Rimembranze della Colonna Votiva, con il Raduno delle Autorità e delle Associazioni che deporranno la corona d’alloro.
Successivamente la celebrazione è entrata nel vivo in Piazza Duomo, alla Lapide dei caduti per l’Unità d’Italia, con la deposizione della corona d’alloro.
Alle 10 è stata poi celebrata in Cattedrale la S. Messa per i caduti di tutte le guerre. Il tutto si è chiuso in Piazza Trento e Trieste con alzabandiera, onori ai caduti, discorso del Sindaco e deposizione delle corone da parte delle autorità. Di seguito il discorso di Fabio Bergamaschi.
“Il 4 novembre del 1918, per il nostro Paese, terminava la Prima Guerra Mondiale. Con l’Armistizio di Villa Giusti l’Impero Austro-Ungarico firmava la resa ed il ritiro e per l’Italia, con l’annessione di Trento e Trieste, si compiva il disegno risorgimentale di unificazione nazionale.
Dal 1919, il Giorno dell’Unità nazionale e Giornata delle Forze Armate ha attraversato senza soluzione di continuità tutti i periodi storici del Paese: l’Italia liberale, l’Italia fascista e, infine, l’Italia repubblicana. Una ricorrenza che segue, quindi, le pieghe della storia, assumendone anche le deformazioni, ma che ad esse sopravvive, dimostrandosi il simbolo di un sentimento superiore, che vive nella coscienza profonda di un popolo. Più serio delle caricature nazionaliste e più forte dell’antimilitarismo ideologico.
Ci ritroviamo, pertanto, ancora oggi in una giornata di memoria e cordoglio per l’estremo sacrificio dei giovani e giovanissimi uomini che diedero la vita per gli ideali di Patria, di libertà, uguaglianza, democrazia. Per senso del dovere. Una giornata di orgoglio nazionale per il Paese che, non senza travagli, ne fiorì. Ma quest’anno più che mai questo momento non può risolversi nel mero ricordo. Non può esserlo, avendo in corso una guerra così drammatica e così vicina.
Ancora una volta, la guerra è nel cuore dell’Europa. In Ucraina, nuovamente la storia si ripete. Ancora non insegna niente. O, forse, ancora una volta insegna che per quanto dolore, sangue e morte rappresentino un monito, esso sia in grado di conferire un’immunizzazione solo temporanea dal virus della guerra e che l’uomo rimanga prigioniero di una terribile coazione a ripetere, di dirompenti volontà di potenza, sete di dominio, di egoismi e divisioni più forti di ogni razionalità.
Anche l’indicibile, l’olocausto nucleare, diventa uno scenario possibile, minacciato con sconcertante disinvoltura da chi ha già infranto il tabù di una guerra di aggressione ed annessione di uno stato sovrano. Per quanto la nostra mente allontani o rifiuti questo pensiero, siamo sull’orlo del precipizio.
Il ricordo del sacrificio di ieri è così unito all’omaggio per l’impegno di oggi, di donne e uomini in divisa chiamati ad interpretare un ruolo delicato, in un tempo complicato, da vivere, insieme alla comunità nazionale tutta, guidati dal Presidente della Repubblica, avendo sempre chiaro il riferimento rappresentato dal faro della Costituzione Repubblicana, figlia dell’atrocità materiale e degli sconvolgimenti ideali della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, nonché di una spinta alla pacificazione più forte di ogni frizione ideologica: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Il primato del diritto, della diplomazia, del negoziato per la risoluzione dei contrasti internazionali e il ricorso all’uso della forza legittimato solo nel caso estremo di aggressione, nella logica della legittima difesa. La forza del diritto che prevale sul diritto alla forza.
E’ così che, pur senza rinunciare ai più elevati gradi di competenza, professionalità e specializzazione in relazione ad ogni scenario, l’Italia è diventata tra i Paesi dell’Unione Europea e, generalmente, tra quelli occidentali, il primo fornitore di personale militare e di polizia alle operazioni di peace keeping delle Nazioni Unite, dimostrando abilità di dialogo con le popolazioni e le istituzioni locali che fanno parlare di un vero e proprio modello italiano nelle operazioni di stabilizzazione degli scenari di conflitto. Ed è così, pertanto, che quando guardiamo sventolare il nostro tricolore, anche nei contesti più aspri e complicati, anche nelle ore della più profonda preoccupazione, non cogliamo mai la minaccia di un vessillo bellicoso, ma il baluardo della difesa dei valori di libertà e democrazia. E ci sentiamo protetti. E ci sentiamo a casa.
Viva le Forze Armate, Viva la Repubblica Italiana!”