Politica

PSI: con Bergamaschi
e per il SI ai referendum

Si è tenuto ieri all’Arci San Bernardino l’incontro promosso dalla Comunità Socialista Cremasca, alla presenza del segretario regionale del PSI, Lorenzo Cinquepalmi, avvocato penalista e già segretario provinciale Psi a Brescia, al quale ha portato il suo saluto il candidato sindaco Fabio Bergamaschi. Nei diversi interventi è stato spiegato come la rinnovata componente cremasca del Partito socialista, rappresentata nella coalizione di centro sinistra all’interno della lista Crema Riformista dal consigliere comunale uscente Gianantonio Rossi, che ne è il capolista e dal medico anestesista Alberto Gigliotti, intende dare un contributo importante di idee e progettualità, affinchè possa essere rappresentata tra i banchi del consiglio comunale una presenza significativa dei socialisti, per i quali la città di Crema deve essere un punto di riferimento per tutti i comuni del Cremasco, condividendo con essi le scelte programmatiche di lungo periodo.

L’incontro organizzato dal PSI, è servito anche per parlare di referendum sulla giustizia, argomento che nonostante l’importanza, non ha tenuto banco nel dibattito politico e nella comunicazione, come ha sottolineato in una nota dei giorni scorsi Virginio Venturelli, rappresentante della Comunità Socialista Cremasca. Per questo motivo, nell’approssimarsi dell’appuntamento delle urne, sono stati analizzati i cinque quesiti per i quali il PSI chiede agli elettori di andare a votare domenica, al fine di raggiungere il quorum richiesto, ed esprimere la preferenza per il SI: di questo ha parlato il segretario Lorenzo Cinquepalmi, che è anche il responsabile dei Comitati socialisti per il SI, tra i relatori lo scorso aprile in un’iniziativa tenutasi alla Camera, in occasione della nascita degli stessi Comitati.

La riforma del CSM, l’equa valutazione dei magistrati, la separazione delle carriere, i limiti agli abusi della custodia cautelare e l’abolizione del decreto Severino: questi i cinque quesiti referendari sui quali l’avvocato Cinquepalmi ha relazionato, motivando le ragioni del SI.

Per il primo quesito, con la vittoria dei SI, viene abrogato l’obbligo, per un magistrato che voglia essere eletto, di trovare da 25 a 50 firme per presentare la candidatura. Con il SI, tutti i magistrati in servizio potranno proporsi quali membri del CSM, presentando semplicemente la propria candidatura, in maniera tale da mettere al centro il magistrato e le sue qualità personali e professionali, e non gli interessi delle correnti o il loro orientamento politico. Per il secondo quesito, con la vittoria del SI, verrebbe riconosciuto anche ai membri laici del CSM (professori universitari in materie giuridiche e avvocati, che esercitano la professione da almeno quindici anni e che vengono eletti dal Parlamento), di partecipare attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati. Per il terzo quesito sulla separazione delle carriere, con la vittoria del SI, il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera la funzione giudicante o quella requirente, e mantenere quel ruolo per tutta la vita professionale. Quanto al quarto quesito, occorre ricordare come con la misura coercitiva della custodia cautelare, l’indagato viene privato della propria libertà nonostante non sia stato ancora riconosciuto colpevole. Con la vittoria del SI, resterebbe in vigore la carcerazione preventiva per chi commette reati più gravi, ma si eviterebbe il carcere, prima della conclusione del processo, per gli altri tipi di reato. Il quinto quesito è quello che tra i più dibattuti anche tra gli amministratori dei territori, infatti con il provvedimento legislativo del 2012, a firma dell’allora ministro della Giustizia Paola Severino, si prevedono incandidabilità, ineleggibilità e decadenza automatica per parlamentari, rappresentanti di governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali, in caso di condanna, con valore retroattivo e, se la condanna avviene dopo la nomina, sospensione dalla carica. Per coloro che sono in carica in un ente territoriale, basta anche una condanna in primo grado non definitiva, per la sospensione, che può durare fino a un massimo di 18 mesi. Con la vittoria del SI, viene cancellato l’automatismo, restituendo ai giudici la facoltà di decidere, di volta in volta, se in caso di condanna, occorra applicare o meno anche l’interdizione dai pubblici uffici.

i.g

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