Consulta dei Giovani:
ieri Gemma Calabresi

La rinnovata Consulta dei Giovani ieri sera davanti all’ulivo di Largo Falcone e Borsellino, nell’ambito della rassegna “57 giorni – strade di legalità” ha proposto l’incontro con Gemma Calabresi Milite, che ha raccontato la sua storia, presentando il libro edito da Mondadori, “La crepa e la luce”. Da quel maggio di cinquant’anni fa, la sua esistenza è stata segnata dalla perdita del marito, il Commissario Luigi Calabresi e partendo da quel giorno, rispondendo alle domande di Andrea Pilenga e Letizia Ferroni, ha raccontato il percorso complicato che l’ha portata a rendere concreta l’idea del perdono.
Dopo l’introduzione del vice sindaco Michele Gennuso, la parola passa ai ragazzi della Consulta e al piglio deciso di Gemma Calabresi, da quella mattina e dalle raccomandazioni cui era solito fare ai familiari il marito, per proteggerli dalle situazioni di pericolo, in un contesto, quello degli anni di piombo, particolarmente problematico per la storia del nostro Paese. In quelle che sarebbero state le ultime parole del marito, una sorta di testamento, la consapevolezza di aver rappresentato il Paese da funzionario di Polizia in maniera ineccepibile e poi l’ansia della notizia della morte, ricevuta da un sacerdote, che segna per Gemma, giovane donna, mamma di due figli ed incinta del terzo, un dolore lacerante. “Su quel divano ho sentito però pace e grande forza, so che quel giorno Dio è venuto da me, ho percepito quella mattina il dono della fede, che non toglie il dolore, ma ridà la speranza”, racconta Gemma Calabresi.
Il tema del perdono è ricorrente nel libro e Letizia Ferroni lo riporta nel racconto dell’autrice, che parla del pensiero verso la famiglia degli assassini del marito: qualcosa di difficile da comprendere nell’immediatezza dell’evento tragico. Racconta anche di quella che per tanti anni è stata una sua fantasia, riuscire a infiltrarsi tra i terroristi, quasi per farsi giustizia da sola, “ma oggi me ne vergogno” dice, prima di sottolineare come “La crepa e la luce”, sia un libro di dolore, per dare un messaggio di speranza e dire a tutti che si può amare la vita, nonostante un dolore così forte e credere negli altri. “Mi hanno aiutato tante persone in questi anni, che ringrazio, perché non mi hanno mai fatto sentire sola. Condividere è una grande cosa, ed io condivido con voi il mio cammino di fede e perdono” ha detto Gemma Calabresi tra gli applausi degli intervenuti.
Dopo la morte del marito comincia a insegnare religione nelle scuole elementari, ed è anche da quella esperienza che si rafforza l’idea del perdono, perché dopo la morte, “non si è giudicati per il male, ma per le cose buone”. Ed allora, anche gli assassini del marito, diventano padri di famiglia, responsabili dell’uccisione e non più chiamati assassini, ridando loro con ciò, la dignità di persona, perchè:“Ci sono voluti 50 anni e tanti pianti, ma ci sono arrivata, prego per la pace nel cuore per i responsabili dell’uccisione”. Un percorso interiore che rappresenta l’opposto rispetto a quello che facevano allora i terroristi, perché la bugia detta tante volte, poi rischia di diventare verità. Poi un messaggio rivolto ai giovani presenti: “Non accettate il leader che grida più forte, non siate gregge, informatevi”.
Nel corso della chiacchierata, emerge anche quel diario, nel quale annotava l’attività del marito, quasi una sfida per dimostrargli quanto tempo dedicava al lavoro, ma che negli anni è diventato importante, sia per il figlio Mario, ex direttore di Repubblica e La Stampa, a Crema qualche anno fa in occasione della presentazione del libro “La mattina dopo”, ma anche nel processo, definito come un calvario.
Anni difficili quelli del terrorismo, con uno Stato inizialmente assente, ma che poi con la medaglia d’oro al valore civile voluta dal presidente Ciampi, quale riconoscimento dell’onestà del marito e la successiva istituzione della Giornata della memoria delle vittime del terrorismo, voluta dal presidente Napolitano, restituisce la memoria storica, con un cerchio che si chiude il giorno dalla stretta di mano al Quirinale, con la vedova di Giuseppe Pinelli. “Mi sono dedicata ai bambini, per educati non all’odio e al rancore, ma al bello della vita”, conclude Gemma Calabresi Milite, per la quale però, un conto è scegliere di perdonare, un altro la ricerca della giustizia, attraverso l’azione della magistratura, che ne ha motivato la costituzione della famiglia come parte civile al processo.
Una bella serata ed una grande testimonianza di vita e di senso delle Istituzioni, quella organizzata dalla Consulta dei Giovani, con il presidente Andrea Pilenga, che parla di consolidamento e rinnovamento dell’attività del gruppo, attraverso la programmazione di pochi appuntamenti, ma significativi, come quello di ieri sera.
Ilario Grazioso