Cronaca

Festa della Liberazione:
la cerimonia a Crema

Si è svolta, ancora una volta, in forma ridotta la celebrazione per la Festa della Liberazione. La deposizione della corona d’alloro al famedio cittadino ha visto la presenza del sindaco Stefania Bonaldi con le figure apicali delle forze dell’Ordine, la presidente del Comitato per la promozione dei princìpi della Costituzione Graziella Della Giovanna, Fabiano Gerevini, rappresentante delle associazioni d’Arma, il presidente cremasco dell’Anpi Paolo Balzari e il consigliere comunale Antonio Agazzi, in rappresentanza di tutti i colleghi.

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Di seguito il discorso del primo cittadino:

Capire lo spirito del 25 aprile diventa sempre più complicato, più ci si allontana dal giorno nel quale è scaturito. Questo è il secondo 25 aprile di pandemia, il secondo anno in cui cerchiamo la liberazione dal Covid-19, durante il quale abbiamo sperimentato una forma di oppressione sconosciuta e minacciosa, ma nello stesso tempo, un po’ come i resistenti di allora, abbiamo esercitato il coraggio e il diritto di opporci, giungendo quasi alla meta.

Manca un piccolo pezzo di strada, lo percorriamo spronati anche dagli esempi dei resistenti di allora, tra i quali, come il Centro Galmozzi ci ricorda con un bellissimo cortometraggio, c’erano Enrica Gandolfi e il marito Francesco Ronchi, a loro è intitolata la sezione ANPI di Crema.

Si sposano nel 1943, lei aveva 17 anni, erano settimane in cui ci si illudeva che la guerra fosse già finita ed il fascismo sconfitto, ma le cose non stavano così. Lui sceglie di disertare e continuare la lotta con i partigiani sulle montagne. Enrica, nel frattempo, diventa madre di un bambino, ma quando riceve una cartolina di Francesco dal Mottarone, recapitata da un cappellano militare in visita a Crema, decide di lasciare il piccolo ai suoi e partire per unirsi al marito nella resistenza partigiana. Il disegno riesce a metà, perché si ritroveranno a Crema solo dopo il 25 aprile del 1945, dove riabbracceranno anche il loro bambino. Pensate, quando vi viene voglia, lo dico soprattutto ai giovani, di liquidare questa ricorrenza come una semplice data o come un giorno di festa, a questa madre che lascia il suo piccolo, appena nato, per difendere i diritti di tutti i bambini italiani che nasceranno da allora in avanti, soprattutto quello di vivere in un paese libero. Enrica, nome di battaglia Anita, mentre il bambino era affidato ai nonni, faceva la staffetta partigiana sui monti sopra Stresa.

Mi domando come mi comporterei io, se mi fosse chiesto tanto. Fatelo anche voi, è l’unico modo per capire almeno un lembo piccolissimo di quei gesti. Enrica e Francesco non sono due personaggi di una serie televisiva, sono noi cremaschi, sono i nostri genitori morali, siamone degni, per favore, proprio in questi tempi ce ne viene offerta l’occasione, non solo perché abbiamo un nemico che ci contagia, ma anche perché i fronti della liberazione sono ancora tanti.

Ogni tre giorni viene uccisa una donna, vittima di una cultura non ancora raggiunta dai valori della Liberazione, una cultura violenta e misogina, alimentata da megafoni insospettabili, compreso il garante di un movimento politico nazionale che minimizza le gesta di un piccolo branco, lasciando filtrare ignobili allusioni sulla vittima dello stesso. 

La politica troppo spesso diventa veicolo di violenza culturale, dalla quale scaturisce quella che viola i diritti dei più esposti. Cos’è, se non violenza, l’ignobile balletto di distinguo intorno al disegno di legge Zan, sulla tutela dei diritti, primo tra tutti quello all’incolumità, delle persone omosessuali. Che possono unirsi civilmente, ma ancora devono mendicare il proprio diritto alla genitorialità e quello dei loro figli a vedere riconosciuti dalle Istituzioni i propri legami affettivi. Un tradimento dello spirito e della lettera della Costituzione.

Ma vi sono diritti nuovi che ci ostiniamo a considerare con distacco, penso ai diritti di coloro che attraversano il Mediterraneo e accettano di rischiare la propria vita, e talvolta la perdono – pensiamo ai 130 morti di due giorni fa -, pur di guadagnarne una degna di questo nome e a chi pretenderebbe di respingerli, invocando l’articolo 52 della Costituzione, la difesa della Patria, che è sacro dovere del cittadino. Vorrei dire che chi invoca la Costituzione in questa chiave, vigliacca e discriminatoria, bestemmia contro l’intero genere umano. Un barbaro è libero di farlo, la democrazia, tanto vituperata dai sovranisti, glielo permette, ma non invocando la Costituzione, di certo può farlo non in nome mio e spero non in nome della mia gente.

Penso ancora, con tanto senso di solidarietà, ai lavoratori e ai loro diritti, mai come in questo anno abbiamo realizzato quanto attuale e quanto sacro sia l’articolo 1 della nostra Costituzione, mai il lavoro ci è apparso così legato alla vita, cui offre dignità e sostegno. Un diritto che abbiamo visto fortemente compromesso in questo ultimo anno, per la necessità di trovare un punto di equilibrio con un altro diritto fondamentale, pure tutelato dalla nostra Costituzione, quello alla salute.

In questi mesi abbiamo realizzato quanto profetici siano stati i nostri Padri e le nostre Madri Costituenti quando, parlando di diritti, li intrecciavano col rispetto dei doveri collettivi, primo tra tutti quello della vita, di ogni vita, che non può mai essere strumento ma deve restare valore.

Le nuove sensibilità, nelle quali mi riconosco, fanno viaggiare il mio pensiero fino agli animali, da millenni compagni di viaggio fondamentali, eppure amati solo quando sfiorano i nostri affetti e non in forza di diritti che prescindono dalla volontà degli esseri umani. Il 25 aprile, apra la sua tutela anche sulla vita di tutte le creature del Pianeta, piccole e grandi, nella consapevolezza che i diritti di una specie non interferiscono con quelli di un’altra. Siamo ancora in trincea, in questo 2021, ma la guerra volge alla fine, la vera vittoria però sarebbe un cambiamento del cuore e della cultura, un cambiamento capace di aprire i nostri occhi sulla vita degli altri e di renderla immagine preziosa quanto la nostra, assetata di rispetto e di diritti quanto lo siamo noi. Proviamoci. E sia buona Liberazione a tutte e tutti.

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