Cronaca

Michele Migliorini, medico cremasco: 'La vaccinazione è un gesto di responsabilità'

“La vaccinazione è un gesto di generosità e responsabilità. Perché abbiamo il dovere di tutelare la salute nostra e altrui”. E’ il pensiero, convinto, di Michele Migliorini, medico cremasco 30enne, attualmente specializzando in Chirurgia Generale all’Università degli Studi di Pavia, assegnato al Policlinico San Matteo.

Come ha vissuto, da medico, l’esperienza della pandemia?
Mi sono laureato a distanza, è stato strano, ma ero ben consapevole di quanto fosse importante prevenire la diffusione del virus. All’inizio della pandemia lavoravo al Centro Grandi Ustioni del Niguarda ed ero interno al pronto soccorso dell’ospedale San Giuseppe. Ho vissuto il coronavirus sia in un reparto dove gravitano pazienti con quadri estremamente delicati, e ho avuto l’onore di dare il mio contributo nella stesura di un protocollo per evitare la diffusione. In pronto soccorso è stato diverso: quando gli ospedali di provincia sono collassati, a Milano arrivavano ambulanze da tutta la Lombardia. Ho vissuto la difficoltà della comunicazione con i parenti dei ricoverati, il caos dei dpi e nello smistamento intraospedaliero, la gestione critica del mantenere separati i pazienti covid e non.

E’ per questo che ritiene importante la vaccinazione?
Sono sempre stato pro-vaccini. Quando si è diffusa la meningite nel 2008, mi sono vaccinato contro tutti i ceppi. Lo stesso quando mi è capitato di viaggiare e di dover quindi effettuare la profilassi per malattie che qui in Italia non sono più presenti. Questo perché la prevenzione è il miglior modo di tutelare sé stessi e gli altri.

Qual è la sua opinione riguardo il movimento no-vax?
Li ho sentiti spesso citare l’articolo 32 della Costituzione, sostenendo che nessuno può obbligare al vaccino. Ma è proprio l’articolo 32 a recitare che “La Repubblica tutela la salute come diritto dell’individuo e della collettività”. E in taluni casi la Legge può rendere obbligatoria una profilassi. Il coronavirus, a mio modo di vedere, è uno di questi. Inoltre, credo che la pandemia abbia portato a galla un problema: i vari movimenti no-vax, no-mask… dimostrano che esiste una larga fetta di popolazione totalmente illetterata dal punto di vista scientifico che, però, costruisce le proprie convizioni sul sentito dire, senza verificare che il “tale” che li ha informati abbia alla mano l’unico supporto sul quale si fonda la democrazia scientifica: i dati oggettivi.

Cosa rappresenta il vaccino?
Per me è un ritorno alla vita normale. Ciò non significa che la guerra sia vinta, ma che abbiamo un’arma efficace per combattere il virus. Distanziamento e mascherine vanno mantenuti, ma possiamo riprendere una parte di normalità. Non deve essere un “liberi tutti” come la scorsa estate. Mi auguro anche che, partendo da questa esperienza, l’Italia investa maggiormente sulla ricerca.

Non tutti i Paesi riusciranno ad acquistare dosi sufficienti di vaccino. Come pensa si dovrebbe agire in proposito?
L’intera Africa ha acquistato meno dosi dell’Italia: intere zone del mondo resteranno scoperte. I virus, circolando, mutano. Possiamo anche vaccinare ogni singol individuo del mondo occidentale, ma se il virus continua a muoversi altrove, può costituirsi una variante per la quale il farmaco non sarà più efficace. Abbiamo capito che al virus non interessa il conto in banca o i confini: possiamo affrontare questa situazione come comunità mondiale o pensare solo al nostro orticello. Il rischio, nella seconda ipotesi, è che tra due anni potremmo ritrovarci da capo.

Alcuni soggetti non hanno possibilità di vaccinarsi. 
Per questo la vaccinazione è un atto di responsabilità e generosità. L’onere di tutelare chi non può sottoporsi al farmaco, spetta a chi può farlo. E’ il principio della solidarietà sociale, fondamento della nostra cultura: prendersi cura dei più deboli.

Ambra Bellandi

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...