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Referendum trivelle: “anche a Crema una situazione di pericolo”

Nella foto, Mario Lottaroli, Ezio Corradi, Enrico Duranti.

Il conto alla rovescia è partito: mancano meno di 50 giorni alla chiamata alle urne per chiedere che “vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio”. Il referendum sulle trivelle – così è passato alla cronaca – si terrà il prossimo 17 aprile in tutta Italia. Promosso da 9 regioni, chiama i cittadini ad esprimersi in merito alla politica energetica del Paese, in particolare rispetto alle trivelle attive in mare entro le 12 miglia dalla costa.

NOTRIV – Contro l’attività estrattiva si è schierato il cosiddetto fronte NoTriv, oltre ad associazioni ed organizzazioni ambientaliste come Greenpeace. Anche nel Cremasco vanno costituendosi comitati per il sì, favorevoli allo stop alle trivelle. “Nei prossimi mesi – spiega Enrico Duranti, tra i promotori assieme a Ezio Corradi e Mario Lottaroli – organizzeremo banchetti e presidi per informare i cittadini e stimolare la formazione di comitati”.

ACCORPARE – Per risparmiare sui costi era stata avanzata la proposta di accorpare il referendum alle amministrative, previste in alcuni Comuni a giungo 2016. “Il Governo ha tirato dritto e ha deciso di indire la chiamata il 17 aprile – ha commentato Duranti – sprecando così una cifra enorme, 300 milioni di euro, scartando inoltre la possibilità di indire un unico referendum: per la riforma costituzionale (l’abolizione del Senato) e per l’attività delle trivelle”.

STRATEGIA – Sotto il profilo economico, “già il Governo Monti aveva previsto un raddoppio delle attività estrattive. Eppure la contraddizione è evidente – ha proseguito Duranti – la capacità produttiva può incidere solo di un 2-3% sui consumi nazionali. Il motivo per cui, nonostante i proclami di abbandono progressivo degli idrocarburi, si continua a cercare ed estrarre dal sottosuolo, riguarda lo stretto intreccio con le speculazioni finanziarie. Sulla stessa provincia di Cremona sono stati emessi 8 permessi di ricerca di idrocarburi: non c’è un centimetro quadrato di terreno su cui non si possa fare ricerca”.

SITI – Nel territorio cremasco sono note le attività di stoccaggio del gas metano. I siti attivi si trovano a Sergnano e Ripalta Cremasca, dove i progetti prevedono la possibilità di aumentare l’attività in sovrappressione. La realizzazione di un terzo sito a Romanengo è attualmente sospesa. Poco più in là, a Soresina il territorio ospita pozzi di metano, mentre a Rivolta d’Adda l’attività sui pozzi è finalizzata all’estrazione di petrolio. A Trigolo, infine, l’interesse è rivolto alla ricerca degli idrocarburi.

CREMA – “Sappiamo che il nostro territorio ha una sua sismicità naturale – ha aggiunto Corradi, del coordinamento NoTriv – e che gli impianti del gas presentano magnitudo indotte. Crema è a metà tra Sergnano e Ripalta Cremasca, e questo determina una situazione di pericolo per la città. Nel 2013 abbiamo informato il sindaco di tutti i rischi che potrebbero derivare da questa situazione; ad oggi – ha concluso – non sappiamo ancora cosa il Comune abbia fatto”.

Stefano Zaninelli

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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