Agazzi: “L’area vasta?
Sia un’opportunità”
Antonio Agazzi durante una seduta del consiglio comunale
CREMA – Antonio Agazzi, consigliere d’opposizione in comune a Crema, scrive alcune riflessioni sulla nuova area vasta, che sostituisce la provincia e che, secondo alcuni osservatori, danneggerà il cremasco.
Come sempre provocante e attuale la riflessione-analisi proposta da Antonio Grassi, sindaco di Casale Cremasco.
La nuova “Area vasta” killer del cremasco? C’è il rischio ma, dico io, non è un destino ineluttabile. Occorre, certamente, riscoprire e rafforzare l’identità del nostro territorio, preservarne l’unità… d’intenti, agire conseguentemente in modo compatto e politicamente trasversale, costruendo l’”Area vasta” con chi meglio corrisponde all’esigenza – su tutto preminente – di salvaguardare il nostro tessuto economico, le nostre qualità della vita e coesione sociale, il patrimonio di servizi che da sempre garantiamo alla comunità che ci è affidata, pro tempore.
Per converso, ciò che assolutamente non serve – anzi sarebbe di danno – è subordinare la strategia complessiva a convenienze di parte o addirittura poco più che personali. Se il concetto di “Area vasta” non identifica necessariamente il nuovo nome del territorio della ex provincia di Cremona, ciò significa che siamo a un bivio, che possiamo imboccare due strade: quella che paventa il sindaco di Casale Cremasco-Vidolasco, ovvero il declino e lo smembramento del Cremasco, dei suoi 48 Comuni, la fine della loro capacità di co-operare – ; quella di concepire, invece, proprio i 48 comuni del Cremasco come “Area vasta” embrionale, capace di aggregare altri territori, caratterizzati da affinità, se non omogeneità, economico-sociali nonchè da possibili, concreti interessi convergenti.
Io penso, per esempio, che la prospettiva vagheggiata da ambienti politici cremonesi di edificare la cosiddetta Provincia del Po, accorpando i territori delle ex Province di Mantova, Cremona e Lodi, sia oltremodo interessante per Cremona – che aspira a costituirne il capoluogo –, lo sia un poco meno, probabilmente, per il mantovano, abbia appeal pressochè nullo per il Lodigiano e il Cremasco, che finirebbero confinati nel ruolo di “periferia dell’impero”. Riterrei molto più sfidante che i 48 comuni del Cremasco – fin da subito uniti e forti del conseguente potere contrattuale – provassero a dialogare con il lodigiano, il trevigliese, il cassanese: in fondo, per rimanere alle definizioni “fluviali”, se altri organizzassero l’”Area vasta” del Po, chi ci potrebbe impedire di immaginare quella dell’Adda e-o del Serio? Sul piano economico-produttivo non si tratta forse di aree più simili? Cremona e Casalmaggiore – da sempre più proiettati verso il Mantovano e il Parmense – hanno una vocazione più marcatamente agroalimentare; il cremasco – storicamente più attratto dal milanese – ha un’identità economica più caratterizzata dalla meccanica e dalla cosmesi; il cremonese valorizza – molto bene, per altro – la liuteria; il cremasco dovrebbe meglio “far fruttare” la propria tradizionale arte organaria e campanaria.
Sul piano, poi, dell’organizzazione dei servizi – davvero elemento cruciale -, dopo il subito accorpamento a Cremona di Tribunale e Procura della Repubblica, non possiamo commettere altri passi falsi. Al riguardo, reputo significativo che il personale cremasco finito in carico al Tribunale di Cremona abbia chiesto il trasferimento…a Lodi: anche sul piano delle distanze, i fatti si incaricano di indicarci la rotta.
Se penso, infine, all’appuntamento con la Riforma sanitaria regionale e alle possibili ricadute sull’autonomia dell’Azienda Ospedaliera di Crema e – in cima a tutto – sui cittadini-utenti, mi riconfermo dell’idea che l’”Area vasta”, varata dalla legge Del Rio, può rappresentare addirittura un’opportunità per il Cremasco: nel senso che nulla è più necessariamente come prima, ora siamo liberi tutti. L’incognita, lo ribadisco, è la “classe politica” cremasca: sarà capace di essere all’altezza dell’interesse superiore di un comprensorio, non lasciandosi imbrigliare da consolidate, non sempre facili per altro, relazioni – anche personali – con il mondo politico ed economico cremonese? Sarà in grado di non farsi ammaliare da interessi di piccolo cabotaggio? Sarà – in una parola – lungi mirante, ossia guarderà finalmente lontano e riprenderà in mano il futuro della propria comunità, pianificandolo di concerto con le categorie economiche cremasche e cessando di attivare lo specchietto retrovisore?