Renzi come Blair, riuscirà a fare
la rivoluzione annunciata?
L’attesa e la curiosità sono enormi: Matteo Renzi ce la farà a fare la rivoluzione annunciata? A spazzare via le ruggini che affliggono un Paese ormai in stato confusionale, vecchio, prigioniero delle lobby e dei burocrati, con tre milioni di disoccupati ed un sistema che soffoca le aziende con tasse e divieti? Matteo ha fatto una promessa dopo l’incontro con Napolitano (lunedi mattina): “Faremo una riforma al mese: a marzo il lavoro, ad aprile la P.a. a maggio il Fisco”. Una parola. Anzi una impresa. Perchè Renzi, trionfatore alle primarie PD di dicembre con il 68% dei consensi – Cuperlo si è fermato al 18%, Civati al 14% – ha nemici dappertutto. Nel partito, nelle istituzioni, nelle corporazioni, perfino nella Chiesa . E’ vero che è sostenuto da un parterre de rois che va da Briatore a Carlo De Benedetti ma è altrettanto vero che i silurati non se ne staranno con le mani in mano. Non avendo più poltrone da cavalcare e carrozzoni da prosciugare cercheranno di mettersi di traverso. Da tempo la fronda interna agita il Pd, i mal di pancia sono noti. La scissione (per ora) è esclusa ma la disperazione di lorsignori potrebbe portare a lacerazioni dolorose.
I primi passi di Renzi mi ricordano gli esordi di Tony Blair (cui il fiorentino è spesso accostato). Ricordate? Quando Blair si affacciò sulla scena politica (alla metà degli anni Novanta) gli hanno rifilato di tutto. Gli hanno dato del conservatore travestito da socialista, servo degli americani, nemico della pace, mago del travestimento politico; un rinnegato capace di svendere gli ideali della sinistra per brama di potere, un opportunista, un rampollo di buona famiglia miracolato dalla politica e inadatto a guidare un grande paese. Un despota, un piacione innamorato della propria immagine. Un traditore. Un neocon. Addirittura un berlusconiano. Ho sottomano lo spot elettorale del Partito conservatore, aprile 1997. Dice: “Non affidate ad un ragazzo il lavoro di un uomo”. Poi sappiamo come è andata. Blair è stato eletto per tre volte consecutive. E da noi c’è sta la fila per imitarlo. Nel 1995 ci ha provato persino il sindaco di Napoli, Antonio Bassolino. Sottolineo: Bassolino.
Certo lo scenario italico non è quello britannico. Noi siamo più complessi, bizantini, figli di Caterina de’ Medici. E i grillini hanno paragonato il siluro renziano rifilato a Letta alla “strage di San Valentino”, quella di Chicago 1929. Ha scritto l’ex comico: “Allora ci fu la strage degli irlandesi, nel 2014 quella dei lettiani (…) il nuovo boss non è Al Capone ma un carrierista senza scrupoli, in arte Renzie, buon amico di Berlusconi, di Verdini e di gente che avrebbe fatto paura ai gangster del proibizionismo”. Non va giù che il Pd abbia deciso in via Nazareno “ignorando il Parlamento, la Costituzione e la volontà degli italiani per la terza volta”. Il clima è rovente. E tra un paio di mesi scatteranno pure le nomine delle grandi aziende di Stato (ENI, ENEL, Finmeccanica, Terna);”bocconi” ghiotti, luoghi dove risiede il potere reale e i compensi sono da sceicchi. Per capirci: Massimo Sarmi (Poste italiane) guadagna oltre 2 milioni all’anno. Pazzesco.
Renzi ha promesso che partirà dall’emergenza lavoro. Bene. Ci permettiamo di ricordargli che il lavoro non si crea per decreto legge ma liberando le risorse (ancora) presenti nella società civile. Caro Matteo ricordati che i tecnici, gli operai, gli impiegati possono essere assunti solo da vecchie e nuove aziende, non dagli enti pubblici; questi ultimi sono già stracarichi di personale che spesso tira a campare e percepisce lo stipendio “quasi fosse un assegno alimentare” . Spero che il tuo “Job Act” (Legge sul lavoro) abbia fortuna. Sennò tu torni a Firenze e noi alle urne.
Enrico Pirondini
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