Ambiente

Piano cave, scintille in commissione
per le escavazioni nel Pianalto di Melotta

Cinque anni fa era stata la cava di S. Sigismondo (ormai stralciata) a scaldare gli animi, questa è la volta del geosito del pianalto della Melotta, nel soncinese. Battaglia durissima, venerdì pomeriggio, in commissione ambiente provinciale tra rappresentanza degli ambientalisti e amministrazione provinciale sul nuovo Piano Cave che andrà in approvazione lunedì prossimo in Consiglio. L’audizione dell’assessore all’Ambiente, Gianluca Pinotti, che ha riepilogato le ragioni del piano senza nascondere le necessità economiche alla base di esso, hanno suscitato le accese reazioni di Giovanni Bassi, geologo, presidente di Italia Nostra, intervenuto (insieme a Anna Cesarina Galli e Francesca Bottini) a nome delle 13 associazioni che contestano l’individuazione del sito. Il problema è noto ed era già emerso anche in occasione dell’adeguamento del Ptcp alla nuova pianificazione regionale. L’innalzamento a 2milioni e 850mila metri cubi di argilla estraibile nei prossimi dieci anni (500mila sono residui della preedente pianificazione) tutti concentrati nel geosito del Pianalto della Melotta, viene giudicato dalle associazioni come una svendita di un territorio unico nel panorama provinciale alle necessità dell’azienda Laterizi Danesi, che lamenta una forte flessione produttiva e ha messo alcuni dipendenti in cassa integrazione causa crisi dell’edilizia. 130 i lavoratori, tra dipendenti e indotto, che ruotano attorno alla fornace. Come ha detto lo stesso assessore Pinotti, i quasi tre milioni di argilla estraibile sono stati calcolati in base ai fabbisogni produttivi dell’azienda ed è congruente a quanto prescritto nell’autorizzazione regionale in suo possesso. E il lungo percorso di elaborazione del nuovo piano cave – ha più volte ribadito – “è stato compiuto nella massima trasparenza, con la pubblicazione di tutti gli atti e dei verbali di incontro”. Ciò non toglie che questo non basti agli ambientalisti, le cui osservazioni non sono state tenute in considerazione.

Il bacino minerario del Pianalto rappresenta un unicum nel panorama provinciale e l’argilla che viene estratta deve essere lavorata in loco per ragioni economiche e tecnologiche. Oltretutto, ha spiegato Pinotti citando fonti sindacali, l’azienda cavatrice ha parlato di innovazioni impiantistiche per realizzare prodotti laterizi d’avanguardia, concentrando sul cremonese lavorazioni che prima effettuava anche in altri stabilimenti. Tutte cose già note agli ambientalisti, che hanno contestato non solo questa scelta politica, ma anche, e pesantemente, i supporti tecnico-scientifici allegati al piano, frutto di costose consulenze. Sono volati insulti, in particolare, tra Bassi e gli assessori Pinotti e Leoni (“ma sapete leggere?”) e tra lo stesso Bassi e il consulente della Provincia Mauro Perracino. “Voi consiglieri siete consapevoli della responsabilità che vi prendete nell’approvare questo documento?”, ha chiesto rivolta alla commissione Anna Cesarina Galli, anch’essa rappresentante delle associazioni. “Avete letto le osservazioni dell’Arpa?”. Ironia anche sul fatto che una delle consulenze richieste dalla Provincia, quelle sullo scenario economico del settore estrattivo realizzato dall’Università Cattolica, dica esplicitamente che la previsione di quasi 3milioni di mc di argilla è eccessiva nel momento in cui non c’è richiesta.

Quello che gli ambientalisti animatamente difendono è il valore di testimonianza storica della zona del Pianalto, tra Soncino, Romanengo e Ticengo, una formazione che data a 400mila anni fa, frutto delle successive trasformazioni morfologiche del territorio. “Come qualsiasi testimonianza va conservato e valorizzato, lo stesso Piano territoriale regionale paesaggistico raccomanda la valorizzazione dei geositi non certo anomali usi o demolizioni”. Contestato il nuovo perimetro che il Piano cave disegna sulla cartina geografica in corrispondenza del pianalto, con linee tracciate – secondo le associazioni – non in base ai reali valori dei terreni, ma delle esigenze dello scavatore. E’ vero che l’estensione della superficie del geosito è stata ampliata, ma inserendo zone che non hanno il medesimo valore geologico e naturalistico e per contro consentendo escavazioni nella parte di maggior pregio.

Sono volati insulti quando ambientalisti e assessore Pinotti si sono rimpallati da un lato la colpa di mancato coinvolgimento; dall’altro l’assenza di proposte alternative. Esclusa la possibilità di estrarre argilla (in un momento fiacchissimo per l’edilizia, nel quale c’è poca richiesta) in altre aree del territorio di minor pregio geo-morfologico.

L’ultima riunione della Consulta cave, indetta da Pinotti e svoltasi il 27 gennaio, aveva visto la totale approvazione della cava di argilla da parte della associazioni sindacali. I sindacalisti Guaragna, Fiorani e Pavesi (Cisl, Uil, Cgil) avevano evidenziato le necessità produttive. In particolare, come si legge nel verbale della riunione, Guaragna ha sottolineato la necessità di compiere scelte indirizzate a sostenere la aziende in questo periodo di crisi economica; Fiorani ha riportato la volontà dell’azienda di introdurre sul mercato prodotti alternativi volti al risparmio energetico per superare il periodo di crisi.

Ora toccherà al consiglio provinciale, in passato tutt’altro che univoco sul piano cave, dare il via libera politico al documento.

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