Faida mafiosa, il capo preso
a Rivolta d’Adda con la moglie
Viveva in paese
Operazione antimafia dei carabinieri con risvolti che toccano direttamente la provincia di Cremona. Proprio nel nostro territorio, a Rivolta d’Adda, aveva infatti trovato rifugio da qualche tempo il protagonista della vicenda, assieme alla moglie. La faida per il controllo di diverse zone tra il Catanese e il Siracusano è stata interrotta nelle scorse ore dall’intervento dei militari dell’Arma con un’inchiesta, denominata “Ciclope” e coordinata dalla Dda locale. Con accuse, a vario titolo, di associazione mafiosa, tentato omicidio, detenzione e porto abusivo di armi, i carabinieri si sono attivati all’alba per eseguire nove fermi. Un centinaio i militari delle province di Catania, Siracusa, Agrigento e Cremona impegnati in collaborazione tra loro.
Gli investigatori hanno scoperto che dopo l’arresto del capo Michele D’Avola (dicembre 2012, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e detenzione illegale di armi) una frangia del suo gruppo (vicino a cosa nostra catanese e operante nei territori di Vizzini, nell’area di Catania, e Francofonte, nella zona di Siracusa) ha cercato di mettere in atto una scalata ai vertici, sotto la guida di Salvatore Navanteri, che tornato in libertà dopo un lungo periodo di detenzione ha cercato di conquistare il controllo delle zone di Vizzini e Francofonte reclutando anche uomini di D’Avola. Navanteri, classe 1955, nell’ultimo periodo ha soggiornato nella nostra provincia assieme alla compagna Luisa Regazzoli. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori i due si erano allontanati dalla Sicilia per evitare azioni violente dei rivali. Sono stati presi, attorno alle 4,30, a Rivolta d’Adda, in un’anonima stradina. Sono stati individuati dopo un’accurata ricerca, sulla base dei dati forniti dalle moderne attività investigative e grazie alle più classiche informazioni acquisite di porta in porta. Quando alle prime luci dell’alba personale del Nucleo investigativo del comando provinciale di Cremona ha bussato alla porta, Navantieri ha inizialmente fatto finta di non essere in casa, probabilmente per accertarsi della reale identità dei militari, temendo un blitz dei rivali.
I fedelissimi di Michele D’Avola, stando a ciò che emerge dall’indagine, hanno tentato di uccidere Navanteri l’8 agosto scorso a Francofonte e una ritorsione pare fosse nei piani di Navanteri e dei suoi uomini.
I fermati (bloccati nella maggior parte dei casi in territori lontani dal loro normale raggio d’azione perché cercavano di evitare azioni nei loro confronti) sono Antonino Alfieri (classe 1958), Alfio Centocinque (classe 1982, pregiudicato), Salvatore Guzzardi (classe 1981, pregiudicato), Salvatore Navanteri (classe 1955, pregiudicato), Cristian Nazionale (classe 1987, pregiudicato), Luciano Nazionale (classe 1990, pregiudicato), Michele Ponte (classe 1972, pregiudicato), Luisa Regazzoli (classe 1959) e Tommaso Vito Vaina (classe 1965, pregiudicato).
Il gruppo criminale di tipo verticistico – secondo quanto spiegato dai carabinieri di Catania e ricostruito anche grazie a intercettazioni telefoniche e ambientali – si caratterizza per una ben definita ripartizione dei ruoli al suo interno che vede a capo Navanteri, Vaina e Aliferi come luogotenenti e Centocinque come il gestore della “cassa comune”, che si avvale per lo svolgimento delle attività illecite della collaborazione di Nazionale e Ponte, quest’ultimo da sempre uomo di fiducia della famiglia Navanteri.
Tra gli indagati, sottolineano dall’Arma, emerge anche la partecipazione di Luisa Regazzoli, moglie di Salvatore Navanteri, la quale non solo sarebbe stata al corrente delle dinamiche interne della consorteria, ma avrebbe agito costantemente per favorirne ed attuarne le progettualità criminali.
Le investigazioni hanno fatto luce in particolare sull’agguato di cui è stato vittima Navanteri l’8 agosto, quando è stato preso di mira con un colpo di fucile calibro 12 che lo ha ferito ad un occhio mettendo in serio pericolo la funzionalità dell’organo. Nella circostanza, come emerge dalla attività d’indagine, il gruppo di fuoco era composto dagli indagati Salvatore Guzzardi e Luciano Nazionale, fedeli a Michele D’Avola.
Il provvedimento restrittivo scaturisce dalla situazione di fermento determinatasi a seguito di questo fatto di sangue e dalle azioni preparatorie che il clan di Navanteri stava attuando per dare una “esemplare risposta armata” agli avversari così come emerge dalle intercettazioni. Nel corso delle perquisizioni sono stati ritrovati oltre 10 kg di marijuana suddivisa in panetti, bilancini di precisione, una pistola 7,65 con matricola abrasa e completa di caricatori, radio trasmittenti, denaro in contanti per una somma complessiva di 7mila euro e documentazione varia.
I fermati sono stati ristretti nelle case circondariali di Catania Bicocca, Siracusa, Agrigento e Milano.
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