Primarie di centrosinistra,
il giorno del verdetto
Bersani o Renzi? L’usato sicuro o il giovin Rottamatore? L’Apparato o il Big Bang? Domenica sera (finalmente!) sapremo. Di certo sappiamo già che la telenovela è giunta al traguardo, che il giorno del verdetto è arrivato. E che nulla – comunque vadano le cose – sarà più come prima. Perché le spallate che Matteo rifila dal 13 settembre – data ufficiale della sua autocandidatura alle primarie – hanno lasciato un segno. A sinistra e a destra. Perché la difesa dei Soliti Noti non è stata convincente: troppi slogan, zero idee nuove. Perché i risultati emersi domenica scorsa (lo sfidante si è imposto in tre regioni, il segretario nei capoluoghi) hanno confermato che sul ring elettorale sono saliti due mondi diversi, contrapposti, lontani. Dunque inconciliabili. Ed infatti il fair play è durato solo il tempo del dibattito televisivo. Spente le luci delle telecamere i due sono tornati a suonarsela di santa ragione. Hanno litigato persino su una “pubblicità proibita” che Matteo non doveva fare (secondo i bersaniani e dintorni). Un assist per il comitato Renzi che ha replicato:”Ieri sera ci siamo addormentati in America,oggi ci siamo svegliati in Bulgaria”.
Detto questo ci siano permesse due o tre riflessioni.
1) Queste primarie hanno rivitalizzato il Pd, gli hanno restituito una centralità mediatica fino a ricordare il partitone dei tempi che furono quando veleggiavano “Il Migliore”, la Zarina e “l’acido russico” ( Pajetta). Sono fioccate prime pagine, si sono di nuovo affollati i talk show (6,5 milioni di spettatori per il duello negli studi di Rai Uno). E’ stata una manna dal Cielo. Soprattutto per il Segretario.
2) E’ vero. A Grillo queste primarie non sono piaciute, le ha definite “un bromuro sociale, un calmante, un’auto celebrazione di comparse, un grottesco viaggio nella pazzia”. Epperò i problemi gravi del Paese non sono finiti sotto la sabbia. Semmai è la Casta che ne ha approfittato per uscire indenne dalla spending review, evitare i (doverosi) tagli, l’abolizione dei vitalizi, le auto blu, le pensioni d’oro ,gli enti inutili, i mandarini di Palazzo, i furbacchioni che conosciamo, eccetera,eccetera. Voglio dire:le primarie hanno tenuta un’andatura così sostenuta che anche la Destra ha pagato un prezzo.
3) Sostenere che Renzi è troppo giovane e dunque inadeguato è cosa da vecchi perdenti. Quando Craxi e Martelli decisero di scalzare l’anziano leader De Martino,Bettino aveva 45 anni ed il “Moccioso” (parole di Pertini) appena 34. La strana coppia – Ghino di Tacco eil Giamburrasca al plasmon – hanno poi tirato dritto per quindici anni. Quando, correva il 1988, Alessandro Natta (“il leader ignoto”, come diceva Pansa)fu colto da un coccolone – che, per fortuna, non gli impedì di approdare in serenità al 2001 – il futuro era già lì : D’Alema e Fassino avevano 39 anni, Mussi 38, Veltroni 33. Perché allora il buon Renzi, classe 1975, dovrebbe essere inadeguato per la chiamata?
4) E dopo? E domani? Che succederà a sinistra se vince l’uno o l’altro? Il Paese è coinvolto in una crisi che sembra infinita, la gente (sfiduciata) non entra nemmeno nei negozi, la disoccupazione giovanile aumenta, l’Ocse fa tremare Monti (“il 2013 sarà da incubo, serve un’altra stangata”), le misure di austerità varate dal governo dei professori hanno causato il maggior calo dei consumi dal secondo conflitto mondiale ad oggi.
Dunque non ci servono politici che si rifugiano nei proverbi e tirano a campare. Abbiamo bisogno di ben altro!
Enrico Pirondini
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