Lettere

Moschea, Coti Zelati:
“Nessuno venga
umiliato o offeso”

da Emanuele Coti Zelati

L’integrazione è il processo che porta una società a rinnovarsi e rafforzarsi. La via che porta   all’integrazione passa, innanzitutto, dal riconoscimento fattivo dei diritti.  Nessuno di noi può concedere ad una persona alcun diritto perché questi sono  impastati con la sua   stessa umanità. Nostro é il compito di riconoscerli e creare le condizioni per cui   accadano: non farlo   significa non riconoscere l’umanità nell’altra persona e, in definitiva, negare anche la nostra.  I percorsi di integrazione partono quindi innanzitutto da noi. Smettere di pensare che la comunità   islamica sia il ricettacolo di persone inadatte ad una civile convivenza o, peggio, di orribili terroristi é   il primo passo da compiere. Chiedere, preventivamente, alla comunità islamica (o a qualunque altro   gruppo religioso) di adeguarsi alla civile convivenza, o di rinunciare a pratiche violente ed illegali svela   solamente l’ignoranza e il carico di preconcetti di chi pone una domanda inutile e fuori luogo: il percorso   esattamente inverso a quello dell’integrazione.  Lungo l’arco della mia storia personale di credente mai nessuno mi ha mai chiesto se avessi intenzione   di commettere reati perché cristiano: sarebbe stato offensivo. Se fossi appartenuto ad un culto “di   minoranza”  e la domanda fosse stata posta dall’autorità civile sarebbe stato anche umiliante. Io non   voglio che nessuno venga offeso e umiliato.

Emanuele Coti Zelati

Consigliere Comunale di Sinistra Ecologià Libertà

 

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